martedì 7 gennaio 2014

Il ruolo del preparatore atletico nel recupero dell'atleta infortunato

Il corpo umano è una macchina che deve essere messa in condizione di funzionare nel migliore dei modi.
Quella di un atleta agonista è una vettura da competizione. Per tutte le altre persone  invece può essere un’utilitaria o una fuoriserie,  l’importante però è che si cerchi sempre di tenerla funzionante nel migliore dei modi, così ci trasporterà il più lontano e il più a lungo possibile.

Poiché il corpo umano è sì una macchina capace di correre veloce e andare lontano , ma non è esente da guasti o incidenti, ogni tanto l’apparato muscolo – scheletrico e articolare si blocca e bisogna intervenire.
Dopo un’attenta diagnosi medica , l’intervento prevederà: 
  • Riduzione della fase acuta;
  • Recupero del movimento;
  • Recupero della forza e resistenza muscolare;
  • Recupero della coordinazione e dell’equilibrio;
  • Rimessa in campo con il recupero delle abilità sportive e del gesto atletico.

E’ proprio in questo momento che emerge l’importanza del preparatore atletico il quale deve identificare in quale delle fasi precedentemente descritte (non isolate ma interconnesse tra loro) si trova l’atleta infortunato. 

Deve determinare il carico giornaliero di lavoro che l’atleta può sostenere, in modo da evitare sovraccarico o sottocarico.

Chiarire bene all’atleta la differenza tra GUARIGIONE BIOLOGICA e GUARIGIONE FUNZIONALE , dove per ripresa funzionale si intende il recupero della piena potenzialità sul compito di gara.
Impostare un programma di mantenimento preventivo dopo aver  completato la fase di rientro all’attività agonistica.

Il preparatore atletico deve assolutamente lavorare in collaborazione con il medico, il fisioterapista e soprattutto con l’allenatore.  Per un atleta AMATORIALE, invece, dopo un’attenta valutazione delle condizioni di salute e sportive e dopo l’intervento medico e fisioterapico, si procederà ad un incremento delle capacità aerobiche e muscolari della persona in questione. Gli esercizi proposti  a carattere generale miglioreranno il tono muscolare e la coordinazione motoria.
In tutti i casi si valuteranno i miglioramenti con test adeguati.

Inizialmente faremo un lavoro di condizionamento organico e muscolare, poi passeremo a definire il lavoro in modo più specifico a seconda del  miglioramento.
Gli allenamenti avranno una cadenza di tre volte a settimana e come obiettivo  arrivare ad effettuare la gara amatoriale tanto amata.

Buon lavoro.

Marco Rossi

Artrosi: quale sport?




L’artrosi è una malattia degenerativa che usura la cartilagine articolare e successivamente l’osso al di sotto di essa, provocando infiammazione, dolore ed impotenza funzionale. Parola chiave quindi è “l’usura dell’articolazione”. Tale usura è correlata  prima di tutto all’età del soggetto, età però intesa non solo come “anni che passano” ma come “chilometri fatti”. Come una macchina l’articolazione va valutata in tali termini con più anni è facile aver percorso molti chilometri, ma è anche possibile che tali chilometri, per l’attività lavorativa usurante o l’attività sportiva stressante, possano essere coperti in pochissimi anni e quindi generare precocemente artrosi in alcune articolazioni.

Continuando con l’esempio della macchina è ovvio che se tale macchina viene costantemente usata al di sopra del proprio carico normale (ad esempio con più persone a bordo) si usurerà di più. E’ questo il caso, nella macchina umana, del sovrappeso che porterà più usura nelle articolazioni portanti (anche, ginocchia, caviglie). 

Quindi, date queste premesse, lo sport è preventivo o no ?
Se si parla di sport amatoriale (circa 2 ore a settimana) questa attività può risultare non particolarmente usurante. Cosa ben diversa è l’attività agonistica (2/3 ore o più al giorno)il cui fine non è il benessere fisico ma il miglioramento della performance tale attività non può, a lungo andare, che essere usurante sulle articolazioni più sollecitate, specie se tale attività si svolge in età non più giovanissima. Mentre quindi, in età precoce, tranne rari casi, non vi sono preclusioni per vari tipi di sport, dopo i 50 anni, le attività sportive praticate, dovrebbero essere scelte in accordo con il medico sportivo, in base al proprio peso, al proprio allenamento, alle proprie patologie ed al grado di usura delle proprie articolazioni.

Vale a tale proposito ricordare che non necessariamente per essere in forma bisogna praticare sport gravosi ed alla moda. Anche programmi di “walking” (camminata sportiva) attuati costantemente, possono produrre benefici effetti sul corpo e sulla mente, non sovraccaricando oltremisura articolazioni già “provate” da anni di lavoro o di sport.


Quindi……..buona attività a tutti

Luigi Girvasi

Osteopatia: quale titolo?

In Italia come nel resto d'Europa e del mondo, sono ormai anni che si discute e sovente si ricorre alla figura dell'osteopata. Ma chi è questo professionista?
Prima di rispondere a tale domanda occorre inquadrare lo stato di fatto della materia osteopatia a livello mondiale.
L'organizzazione mondiale della sanità OMS il 9 Novembre del 2010 ha redatto un documento ufficiale nel quale descrive le direttive mondiali per garantire un livello minimo di preparazione dei praticanti osteopati. La domanda quindi nasce spontanea e cioè come mai L'OMS ha reputato indispensabile realizzare un tale documento costato anni di osservazione? La risposta si legge nella prefazione.
Si è reso indispensabile un tale lavoro con lo scopo di assicurare alla popolazione mondiale la sicurezza dei trattamenti erogati al fine di non peggiorare il livello di salute dei singoli cittadini. Questo perché sin dal 1892 quando A.T. Still ideò tale metodologia a tutt'oggi non esiste un percorso formativo univoco ed aggiornato. Inoltre di praticanti non certificati ne è pieno il mondo con il conseguente aumento del rischio di danno iatrogeno (danno non esistete in precedenza e provocato dalla tecnica/operatore).
Come a dire: l'osteopatia esiste, molti vi ricorrono, molti la praticano in modo poco sicuro e quindi l'OMS vuole tutelare noi cittadini garantendo una formazione universitaria di questi operatori.
Detto questo, non entrando nel merito terapeutico dell'osteopatia, sarebbe esageratamente complicato farlo in questa sede, cerchiamo di capire in Italia come questa disciplina è inquadrata dal punto di vista normativo.
Il 14 Febbraio del 2012 i Deputati Grimoldi, Meroni, Consiglio e Cavallotto presentano alla Camera dei Deputati una proposta di legge per il riconoscimento dell'osteopatia come professione sanitaria. Proposta n° 4952 che ad oggi risulta ancora in attesa di discussione alla camera stessa. Quindi non attendibile dal punto di vista normativo.
Mentre il 15 Novembre 2012 il Senato della Repubblica ha approvato un disegno di legge in materia di professioni non organizzate, all'interno del quale si riconosce normativamente l'osteopatia ma non come una professione sanitaria che invece viene inquadrata dall'articolo 2229 del codice civile.
Del resto che il disegno di legge della Camera dei Deputati abbia qualche defezione è francamente ovvio. In effetti entra in contraddizione con quanto affermato dall'OMS nel documento citato all'inizio di questo articolo. In effetti l'OMS non vuole equiparare l'osteopatia alle discipline sanitarie ma la racchiude in un più ampio gruppo di discipline (ayurveda, naturopatia, medicina tradizionale Cinese, medicina Unani, Nuad Thai e Tuina) definendole “Traditional Medicine or Complementary and Alternative Medicine” e cioè Medicina tradizionale o medicina complementare ed alternativa.
Esistono poi varie sfaccettature normative indirette che possono aiutarci a comprendere meglio la situazione dell'osteopatia in Italia.
Ad esempio il caso di un osteopata con riconoscimento conseguito nel Regno Unito che è stato sollevato dallo svolgere la sua attività all'interno di un centro medico di Parma. Il TAR ha infatti sancito che l'osteopatia in Italia non è una professione sanitaria (La Repubblica Parma 27.09.2013).
Esiste anche una sentenza del tribunale di Genova del 14.7.2003 dove un osteopata viene assolto dal reato ascrittogli (abuso di professione medica) poiché si legge che l'osteopatia non invade la disciplina medica in quanto risulta “... un'attività volta ad arrecare sollievo e beneficio a soggetti affetti da patologie mediche, onde si sostanzia in una attività complementare ed ausiliaria rispetto all'attività medica”. Quindi la medicina ci cura e l'osteopatia ci da sollievo.
Concludendo possiamo senz'altro dire che ci si creda o no alle capacità terapeutiche della filosofia osteopatica, questa disciplina in Italia e nel resto del mondo di strada per affermarsi ne deve percorrere ancora molta. Una cosa è certa, nel nostro paese non è una pratica sanitaria, non esiste un percorso universitario dedicato e non c'è alcuna chiarezza normativa che tuteli la nostra sicurezza. Quindi si rende veramente necessario ricorrere a tale disciplina per curare ad esempio il proprio mal di schiena? Il consiglio che posso darvi da professionista sanitario è che prima di recarvi da un'osteopata qualunque solo perché ha risolto tutti i problemi del vostro amico o vicino di casa, recatevi da un Medico Fisiatra o da un Medico dello Sport o  da un Reumatologo e poi da un Fisioterapista per approcciare con sicurezza ai disordini del vostro apparato muscolo-scheletrico. Nel caso in cui si debba intervenire chirurgicamente allora abbiamo altri specialisti come tra tanti il medico Ortopedico ed il medico Neurochirurgo.

Infine  buona salute a tutti e ricordate che prevenire i disordini muscolo-scheletrici è sempre meglio che curarli. Un buon professionista sanitario è colui che ci aiuta nella prevenzione con consulenze e programmi di auto-trattamento e prevenzione personalizzati, come del resto facciamo noi da più di 20 anni nel nostro centro polivalente.

Paolo Scannavini