Da alcuni
anni ormai si parla dell’attività in acqua come coadiuvante nel trattamento
riabilitativo. Ma è una terapia indispensabile, utile o non necessaria?
Cerchiamo di fare chiarezza.
L’acqua può
essere un ottimo alleato nel trattamento FKT, purché se ne conoscano
perfettamente i dati vantaggiosi e quelli meno idonei.
Innanzitutto
specifichiamo che quando si parla di idrokinesiterapia
non si parla assolutamente né di nuoto né di acqua-gym. Il primo è infatti un
vero e proprio sport con tutte quindi le indicazioni e controindicazioni del
caso (vedi articolo precedente sul nostro blog sull’attività natatoria!).
Nel caso
dell’acqua-gym, si parla di un’attività di piscina tendente ad aumentare il
trofismo muscolare e migliorare le performance cardiovascolari del soggetto
sportivo, ma quindi indicato nel paziente da riabilitare. In questa attività
infatti, l’acqua è usata prevalentemente come aumento della resistenza al
movimento e non come facilitazione di esso.

acqua confortevole e non rischiosa per qualsiasi tipo di paziente, anche con handicap. Quindi dovranno essere previsti in struttura scivoli specifici od altri sistemi semiautomatici di sollevamento. Solo così si potranno ottemperare gli obblighi assicurativi e di legge che le ASL prevedono.
Ma al di là
dei problemi normativi la domanda che i pazienti pongono è: “E’ utile o no la
idrokinesiterapia nel trattamento riabilitativo? Ed eventualmente quando
dovrebbe essere posta tale indicazione terapeutica?”
La terapia
in acqua in effetti può costituire certamente un’ulteriore possibilità di cura
del paziente da riabilitare. Permette infatti di ridurre il carico e di
esercitare una continua compressione sulla superficie corporea che, insieme
alla temperatura confortevole, può
ridurre la tumefazione ed il dolore. Si può inoltre sfruttare la resistenza
dell’acqua nelle prime fasi della riabilitazione, per favorire il rinforzo
muscolare.

Da tutto ciò
quindi si evince che la idrokinesiterapia può senz’altro far parte del
protocollo riabilitativo specie nella cura di alcune affezioni articolari
specie post-intervento, ma sempre in complementarietà rispetto ad altre
tecniche riabilitative “all’asciutto” e mai in sostituzioni di queste.
Resta da
considerare come ultimo punto il problema dei costi. E’ ovvio infatti, che se
la piscina è normativamente a posto, ed è mantenuto il rapporto 1:1
paziente:fisioterapista, il costo, a parità di tempo, sarà il doppio od il
triplo rispetto ad un pari trattamento all’asciutto.
La
prescrizione medica pertanto non dovrebbe limitarsi ad una pura formalità, ma
dovrebbe tener presente tutti i fattori detti, informando appieno il paziente
dell’appropriatezza di un certo trattamento.
Se le
notizia possedute dal sanitario e quindi fornite dal paziente, sono solo parziali,
forze è meglio astenersi da prescrizioni “ad effetto” che, se non
indispensabili, rischiano di aumentare le difficoltà e la confusione nel
soggetto da riabilitare.
Dott. Luigi Girvasi
Fis. Lello Sonnino
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